Terapie tradizionali viaggio tra i segreti della medicina della foresta amazzonica

Con la «liana degli spiriti» la sciamana cura anima e corpo.
Perù, pazienti da tutto il mondo per depurarsi con l’ ayahuasca Il culto L’ ayahuasca è usata da millenni nel bacino amazzonico. In Brasile è oggetto di culto religioso Gli effetti La bevanda ha effetti sia purgativi che psicoattivi ma non determina nessun tipo di dipendenza.

TARAPOTO – «Mahe kunday, maridì. Ayahuascay, kunday. Chakrunitay kunday. Tauatikhoy kunday. Maridì, maridiii». La voce cristallina e un po’ soul di Camucha riempie lo spazio come in un sala di registrazione. Canta in lingua quechua un ikaro, la canzone che accompagna la cerimonia sacra della dieta con l’ ayahuasca (liana degli spiriti, in quechua) una «pianta maestra» usata da millenni in Perù e nel bacino amazzonico del Sud America per curare il corpo e la mente. Sento e «vedo» Camucha accanto a me. In realtà ci separano un intricato chilometro e mezzo di alberi, liane, arbusti e fiori. Io sono seduto su un tavolaccio sotto un piccolo tambo, la capanna di tronchi coperta solo da un tetto di foglie di palma tipica dell’ Amazzonia, in isolamento. Lei invece cammina sull’ aia del tambo grande, al campo-base. Chi è Camucha Mendieta? Una sciamana del Ventunesimo secolo. Una donna come tante altre, fino ai 30 anni, con un lavoro, un compagno e una figlia. Poi la «chiamata» e la scoperta di una trisavola anche lei dotata di poteri particolari. «Non ho chiesto io di diventare sciamana – racconta serena -. Volevo continuare a fare la donna come le donne di tutto il mondo, con un orario di lavoro, tornare a casa e andare fuori con mia figlia. Invece no. E perché? Perché sono stata scelta». Il suo apprendistato è durato 15 anni. Camucha ha studiato anche l’ agopuntura della scuola tradizionale Neijing, legata alle radici sciamaniche della medicina cinese, e le tecniche di respirazione del Quigong. Utilizza entrambe nelle sue terapie, anche a domicilio. «Da quando esiste l’ essere umano, esiste lo sciamano – spiega lei -. In verità, tutti gli esseri umani hanno una percentuale di sciamanismo, ma l’ umanità si è addormentata e non la sente più». In Perù lo sciamano è parte integrante della comunità, cercato e temuto allo stesso tempo. Adesso molti giovani chiedono addirittura di entrare nell’ apprendistato sciamanico perché lo vedono come uno sbocco lavorativo sicuro. Un fenomeno che snatura l’ essenza dello sciamanismo, così come la «conversione» di molti sciamani al mercato del «turismo spirituale» e al dio denaro. «Molti pensano che essere sciamano sia un lavoro come un altro e insistono per diventarlo – conferma Camucha -. Invece è uno stile di vita e un impegno molto difficile. Entrare nel mondo delle energie oscure e sapere come uscirne. Entrarci con molta calma e tranquillità per soccorrere persone che stanno nel mondo oscuro e riuscire a portarle fuori. Questo è un procedimento molto complicato». Lo sciamano è donna? Assolutamente normale per gli abitanti di queste latitudini. Perché tradizionalmente, nel mondo andino, i poteri medico-magici sono sempre stati appannaggio delle donne. Donne potenti e misteriose. Il percorso che mi ha portato sotto le volte di questa immensa cattedrale verde, nel regno delle tarantole e di animali che ogni notte rosicchiano le gambe del mio tavolaccio, è per me altrettanto misterioso. Correnti di energia sotterranea percorrono il pianeta e da qualche anno fanno convergere uomini e donne dai più remoti angoli della Terra in Perù. A Killa Wasi, il nome in quechua per «Casa di tutti», Camucha e il suo compagno e apprendista Wilmar accolgono uomini e donne dal Perù stesso, ma anche da Venezuela, Australia, Italia, Spagna, Germania e Russia. Arrivano nella casa di Tarapoto alla ricerca di cosa? «Cercano se stessi e la pace. L’ esperienza con l’ ayahuasca è un viaggio verso il proprio destino e la propria spiritualità ed è un rituale che bisogna affrontare con rispetto, comprensione e fermezza», dice Camucha. In effetti, bisogna prepararsi con scrupolo: astinenza sessuale e divieto di carne rossa, medicine, alcol e sostanze chimiche varie, almeno 48 ore prima di cominciare. Se in base a un’ anamnesi e a una visita del paziente viene consigliata e si concorda con lui la «dieta» nella foresta, durante la settimana di isolamento sono vietati zucchero e sale. E soprattutto, lo stesso regime (eccetto il sale) va mantenuto da un minimo di uno fino a tre mesi dalla fine del processo. La foresta gioca un ruolo fondamentale nella terapia perché nel pensiero amazzonico la natura è la Pachamama, la Madre terra. La «pianta maestra» ricostruisce le connessioni con la Pachamama, ristabilendo così l’ equilibrio con la natura che in una visione olistica della salute è anche equilibrio con se stessi. «Lo sciamano – come scrive lo storico delle religioni Mircea Eliade – è il grande specialista dell’ anima umana: lui la «vede», perché ne conosce la «forma» e il destino». Così nella cerimonia, Camucha beve l’ ayahuasca per accompagnarmi nel viaggio e «vedere» le malattie. La bevanda ha un sapore amaro e davvero sgradevole. Difficile chiedere il bis. Dopo mezz’ ora, la pianta comincia a lavorare sul corpo come uno scanner. Dalla punta dei piedi, «esamina» ogni centimetro e si ferma dove trova qualche malanno. Sulle zone critiche si concentrano un calore intenso e la sensazione di essere trafitto da decine di spilli. Dove la resistenza del corpo è maggiore, agli aghi si sostituisce la percezione più dolorosa di un punteruolo che scava. Poi la liana dei morti purga, obbligandoti a espellere le impurità. Magari non alla prima sessione (la «dieta» ne prevede tre). Ma è inevitabile, perché la «pianta maestra» lavora così. Intanto, guidata dai canti di Camucha, mi porta dentro me stesso e indietro nel tempo. In epoche remote. Fino a farmi approdare sui lidi di vite precedenti. Allucinazioni? No, è una realtà «altra». È la dimensione sacra del sogno. «L’ ayahuasca ti permette di confrontarti e di conquistare le tue paure più profonde – mi spiega lei alla fine della sessione -, rivitalizza le tue energie vitali e risveglia un livello superiore di coscienza con l’ obbiettivo di prepararti all’ incontro con il tuo «maestro interiore». Il tuo vero io».

Corcella Ruggiero

Pagina 60
(14 febbraio 2010) – Corriere della Sera

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